I PITTORI MACCHIAIOLI.
GLI IMPRESSIONISTI ITALIANI.
Odoardo
Borrani
Pascolo a Castiglioncello (1861)
olio su tela, cm 30,5x84
Firmato in basso a sinistra:O. Borrani
Recatosi durante l'estate del 1861 insieme a Sernesi sull'Appennino Pistoiese, Borrani riesce a presentarsi alla Promotrice fiorentina dello stesso anno con opere realizzate in quella località, tanto da essere ascritto da Yorick alla "scuola novella", alla stessa stregua di Signorini e Cabianca, a loro volta reduci dal soggiorno a
Giovanni Costa
Una sera in Maremma 1855
olio su tavola, cm 10,6x27,5
Firmato e datato sul verso dall'artista:
Una sera in Maremma Giovanni Costa 1855
Sulla base dell'affinità di quest'opera con il dipinto conservato presso Castle Howard, esposto alla New Gallery nel 1890 con il titolo Bocca d'Arno (1889), Nicholls avanza già nel
Giuseppe Abbati
La casa di Diego Martelli a Castiglioncello (1862)
olio su tela, cm 21,3x50
Firmato in basso a sinistra: G. Abbati
L'indagine luminosa tesa a definire la tinta caratteristica dei caseggiati toscani sottoposta alla variazione dell'ora e della stagione, secondo le fasi individuate nelle diverse versioni di Stradina al sole, si dispiega in questo dipinto con un respiro prospettico di più ampia estensione, così come in altre opere realizzate a Castiglioncello, tra cui Veduta di Castiglioncello, anch'essa raffigurante la proprietà Martelli. La necessità di affermare una fisionomia originale in occasione di un evento favorevole alla propria ispirazione quale si delineava il soggiorno lungo la costa tirrenica, coincide per Abbati con la ricerca di una combinazione di toni di impronta personale, secondo la testimonianza di Martelli: "Ma siccome la tavolozza ci dà tante infinite combinazioni da equivalere le infinite combinazioni che hanno tutte le cose sottoposte alla luce in natura, egli tentava in un tono più basso del vero di dare tutta intera la tonalità del vero" (Martelli, post 1870). Del resto la mutevolezza delle condizioni luminose in riva al mare, così come la varietà della fisionomia della costa tirrenica, dovette sollecitare Abbati verso esiti definitivi, visto che nell'ultima lettera spedita dall'artista all'amico critico d'arte, egli sosteneva che "si sentiva giunto a tale da chiamarsi contento dell'opera sua" (Martelli 1877).
Vincenzo Cabianca
Spiaggia a Viareggio 1865
olio su tela, cm 40x77
Firmato e datato in basso a sinistra:V. Cabianca 1865
La riflessione condotta al fianco di Telemaco Signorini e Cristiano Banti durante il soggiorno a
Giovanni Fattori
La libecciata (1880-1885)
olio su tavola, cm 19,2x32,2
Firmato in basso a sinistra:G. Fattori
Galleria d'arte moderna di Palazzo
Pitti, Firenze
Il sentimento della stagione e del luogo improntano quest'opera fino a farne una delle più distinte testimonianze del percorso stilistico di Fattori, avviato nel Sessanta con Criniere al vento (1867) e giunto a maturazione negli anni Ottanta, coincidente con l'evoluzione dalla veduta verista al paesaggio-stato d'animo. La capacità di Fattori di finalizzare le sperimentazioni tecniche alla resa espressiva del motivo si intensifica nella produzione di marine degli anni Ottanta, soprattutto nelle due versioni della Libecciata, dove la compattezza degli intarsi tonali cede il posto ad una stesura vibrata a tal punto da far presentire certi esiti a cavallo del secolo di vera e propria marina-stato d'animo, quale Tramonto sul mare (1899-1900). Il compimento delle ricerche avviate da Fattori sulla scia della lezione di Nino Costa, a partire da Le macchiaiole, esposte a Firenze nel 1867 ed apprezzate da Signorini nei termini di evidenza dell'"impressione [...] della stagione" e del "carattere del paese", appare ancora più evidente al cospetto della marina, dove l'individuazione della stagione e della tinta locale si congiunge con questioni atmosferiche di più ampia portata, tanto da coinvolgere uno dei più audaci protagonisti della tecnica divisionista, ovvero Lloyd, che nel 1929 confessa l'estasi provata di fronte al dipinto: "Una volta io ero chino per terra in ammirazione dinanzi a quella tela rappresentante un mare sconvolto dal libeccio con delle tamerici rabbuffate dal vento. Rapito dalla bellezza ero come in estasi" (Lloyd 1929, pp. 20-21).
Giovanni Fattori
Lungomare di Antignano 1894
olio su tela, cm 60x100
Firmato e datato in basso a destra:Gio. Fattori 1894
Museo G. Fattori, Comune di Livorno
Risale al 1894 una lettera di Fattori ad Adele Galeotti (Livorno, 31 luglio 1894), dove l'artista ammette ritmi di esecuzione piuttosto allentati, tranne una marina di "
Giovanni Fattori
Pescatori all'Antignano (1895)
olio su tela, cm 44x95
Firmato in basso a sinistra:Gio Fattori
A partire dagli anni Novanta Fattori approfondisce la consapevolezza della propria individualità artistica, anche al cospetto delle sperimentazioni degli allievi, tanto che in una lettera a Nomellini del 18 gennaio 1891, riferisce il generale consenso ottenuto dalle sue opere esposte alla Promotrice fiorentina del 1890-1891: "Mi hanno detto e scritto che le mie opere fanno buona impressione, soprattutto è molto notata la mia individualità". L'impegno di Fattori si dirige in questa marina verso la trascrizione sintetica di uno dei tratti più pittoreschi del litorale livornese, dove la struttura cristallografica della scogliera si snoda lungo un percorso indagato con scrupolosa dedizione, tanto da costituire motivo di ispirazione per altre vedute analoghe. In questa occasione l'artista consegue una compiutezza tale da assemblare in una singola composizione varie fasi visive, sviluppate poi singolarmente in tutta una serie di varianti sul motivo, quali Marina livornese (Malesci 1961, n. 538), Barche e pescatori (ivi, n. 645) e Sulla spiaggia (ivi, n. 752). In particolare la definizione geometrica delle sagome taglienti degli scogli lambiti dalle acque si ritrova come motivo a sè stante nella Marina livornese, mentre l'abbinamento, scandito da una metrica rigorosa, tra le sagome dei pescatori e quelle degli scafi, compare con variato intento compositivo nelle altre due marine. Al cospetto dello scenario costiero l'artista non intende alterare la propria condotta luminosa al di fuori di un normale tracciato di corretti rapporti chiaroscurali, ma preferisce individuare la "forma", il "linguaggio" e il "sentimento" della natura, di contro a quella esasperazione tecnica perseguita a quest'epoca da Muller, ritenuta da Fattori come la negazione dell'individualità artistica: "fattura nulla - disegno niente - soggetto sentimento negativo" (Fattori, Firenze 14 marzo 1891).
Telemaco Signorini
Vegetazione a Riomaggiore (1894)
olio su tela, cm 58x90
Firmato in basso a destra:T. Signorini
Nel corso degli anni Novanta l'artista sembra concentrarsi sulla questione della marina in termini sistematici, visto che nel 1895 decide addirittura di stendere un tracciato delle proprie esperienze artistiche lungo la costa ligure, come testimoniano Tetti a Riomaggiore (1892-1894) e Dal santuario di Riomaggiore (1892-1894). L'attrazione per la fisionomia pittoresca di tale costa si rinviene soprattutto nella ricerca di tagli prospettici sempre più audaci, che sollecitano Signorini ad una disposizione emotiva di sempre maggiore enfasi atmosferica. In tale marina si rileva la comparsa di un'audace consapevolezza luminosa, in quanto la ricerca di una definizione analitica del fogliame in primo piano si accompagna al tentativo di allontanamento prospettico dell'orizzonte, tramite la gradazione delle tonalità della vegetazione, schiarite progressivamente fino al confine con la superficie marina, la cui trasparenza atmosferica si raccorda in termini naturali con il cielo.
Pietro Senno
Il Golfo di
olio su tela, cm 85x150
Pinacoteca Comunale Foresiana, Portoferraio
Presente alla Promotrice fiorentina del 1862 con una marina elbana, Motivo preso all'Isola d'Elba, Pietro Senno si dedica alla veduta costiera approfondendo l'indagine atmosferica nel corso dei suoi itinerari di studio nei pressi di località pittoresche, tra cui, oltre all'Isola d'Elba, il Golfo di
Tito Conti
Canale, Viareggio 1883
olio su tavola, cm 14x24
Firmato in basso a sinistra:Tito Conti;
datato sul retro: Fiera di beneficienza,
Viareggio. 15 Agosto 1883
Dedito fino agli anni Settanta ad una produzione di genere assai vicina a quella di Francesco Vinea, realizzata con "una cura ed amore più unico che raro" (Carocci 1875), Conti si risolve, nel corso degli anni Ottanta, in una condotta pittorica più personale, in linea con le sperimentazioni tecniche della scuola toscana. La verve sma gliante di questa marina versiliese rende atto della volontà dell'artista di rivedere i dettami di una maniera aggraziata quanto accademica alla luce di un impegno tecnico, che, senza dimenticare la base disegnativa, mostri tutta la bravura di un moderno colorista.
Tito Conti
olio su cartone, cm 14,5x24
Firmato in basso a destra: Tito Conti
Incluso da Signorini tra gli "artisti d'ingegno" insieme a Francesco Vinea, Bartolomeo Giuliano, Pietro Senno e Raimondi (Signorini 1867), Tito Conti deve ascriversi a quella schiera di artisti toscani impegnati nell'aggiornamento della pittura di genere tramite l'acquisizione dei principi tecnici affermatisi nel corso degli anni Ottanta. Una delle conseguenze di tale aggiornamento consiste nella concentrazione dell'artista su quei motivi che più si prestavano all'applicazione di una nuova maniera luminosa, in sintonia con la condotta di altri, quali Vinea e Faldi, dediti negli stessi anni ad uno studio indefesso dal vero. Ed è proprio al cospetto della darsena e delle spiagge versiliesi che Conti riesce a modificare il proprio linguaggio, perfezionando la scienza dei rapporti tonali e attingendo ad un repertorio tematico stimolante per brio ed attualità.
Ugo Manaresi
L'Ardenza (1892)
olio su tela, cm 77x200
Dedicato in basso a sinistra:A E. Virgilio Livorno 18(?)
Tale marina costituisce una testimonianza esemplare di quella varietà di ispirazione nell'ambito della marina, non disgiunta da una "lodevole" condotta tonale, riconosciuta da Signorini a Manaresi fin dal 1879. Oltre al genere allegorico del dipinto L'uomo e il creato - esposto alla Promotrice fiorentina del 1880 - e quello romantico dei naufragi alla Salvator Rosa, l'artista coltiva infatti un registro di impronta verista, a partire dalla Promotrice fiorentina del 1881, alla quale presenta In darsena nuova (Marina), fino all'Esposizione di Livorno del 1886, quando riesce ad imporsi in qualità di artista specializzato in marine, sempre con due motivi della darsena livornese. Tra la fine degli Ottanta e l'inizio degli anni Novanta Manaresi appare dunque impegnato nell'assestamento della propria visione dal vero al cospetto della costa livornese, fino a maturare un certo distacco dal repertorio convenzionale del genere marinaresco e ad approntare una stesura pittorica di indirizzo più personale. Tale marina, di concezione affine a quella di Il Boccale. Livorno (1889) - riprodotto da Mazzanti nel 1941 - sembra doversi ascrivere a quest'ultima fase, in quanto vi si può riconoscere l'approfondimento di uno studio dal vero sul litorale dell'Ardenza, realizzato con una tecnica luminosa così sapiente e con una stesura così individuale, da risultare attuale ancora negli anni Venti all'occhio di Giulio Cesare Vinzio, anch'egli specializzato in marine, oltre che amico ed ammiratore dell'artista: "la pennellata è tagliente, nervosa, senza pentimenti o preoccupazioni di tecnica o di moda; è chiara, ferma e sicura" (Vinzio 1927-1928, p. 46). La sempre maggiore dedizione allo studio dal vero consente all'artista di alternare nell'ambito della propria attività una produzione di varia destinazione ufficiale, del genere di alcuni naufragi, ad una di impronta più intima - come conferma questa marina - che è poi quella lasciata in eredità alle generazioni future, secondo la testimonianza di Vinzio: "Nelle tavolette, negli studi e negli appunti, che per sé dipingeva, fu efficace assai" (ivi
Ugo Manaresi
Bagnanti a Quercianella 1894
olio su tela, cm 97x44
Firmato e datato in basso a destra:U. Manaresi 1894
L'opera deve ricollegarsi senz'altro ad un dipinto citato da Gino Mazzanti sulla "Rivista di Livorno" del 1941: "in un bozzetto trattato con pennellata larga e sugosa, che ha per titolo Bagnanti, le scogliere fosche contro la luce del tramonto, le donne nude dalle forme di sirena e le acque iridescenti danno vita ad una strana composizione fra mito e realtà" (Mazzanti 1941, p. 90). L'inclinazione di Manaresi al registro allegorico è attestata fino dal 1880, anno in cui egli si presenta alla Promotrice fiorentina con L'uomo e il creato, ma prosegue nel corso degli anni successivi, come conferma Mazzanti nell'accenno a "tentativi di raffigurazioni simboliche e chimeriche e motivi di vaghe composizioni idilliche e pastorali" (ivi, p. 79). L'impegno disegnativo dell'artista nella definizione scultorea dei corpi femminili, si accompagna in questa marina ad una rinnovata consapevolezza luminosa, rispetto alla serie dei Naufragi del primo periodo, soprattutto riguardo alla resa illusionistica della bruna scogliera sull'avanti della composizione, la cui tonalità cupa risalta a contrasto con la superficie marina, animata quest'ultima da suggestive trasparenze. Il ricorso ad una ricercata eleganza del tratto disegnativo, come alla delicata orchestrazione di tonalità smaltate, accresce l'effetto di sospensione della scena, consentendo di ascrivere quest'opera al filone delle "marine fra sogno e realtà, a somiglianza di quelle di Claudio di Lorena" (ibidem).
Adolfo Tommasi
La diligenza di Castiglioncello (1880)
olio su tela, m 32x59
Firmato in basso a destra: Adolfo Tommasi
Alla data del 1880 Adolfo Tommasi mostra di aver già compiuto una prima fondamentale riflessione sulle problematiche atmosferiche congiunte alla veduta dal vero. Tale riflessione, emersa nell'episodio ufficiale di Dopo la brina (1880), viene anti cipata dagli studi esposti alla Promotrice fiorentina dell'anno precedente, notati favorevolmente da Signorini, in particolare un "bozzettino...molto, ma molto pieno di luce, di rilievo, d'intonazione" e Autunno, dove "il cielo ha una luminosa profondità" (Signorini 1879). La maturazione della condotta luminosa consente all'artista di misurarsi con il registro più complesso della veduta costiera, nell'ambito della quale il motivo del litorale tirrenico visto in scorcio, oltre a costituire un banco di prova per altri artisti toscani, prima di tutti Luigi Gioli, impegna a tal punto Adolfo, da vederlo intento allo stesso motivo, in termini ancora più programmatici, in Littorale toscano, esposto a Firenze nel
Vittorio Corcos
Marina (1895-1900)
olio su tela, cm 37x52
Firmato in basso a destra: V. Corcos
Affine per il taglio compositivo alle marine di Signorini a Riomaggiore, quest'opera dimostra la predilezione dell'artista per una situazione di maggior impatto emotivo rispetto all'abituale visione serena del mar Tirreno, tipica di opere quali Lettura sul mare (1910) e
Vittorio Corcos
Ada in controluce 1905
olio su tela, cm 56x46
Dedicato, datato e firmato in basso a destra:Alla mia cara Ada Maggio 1905 V. Corcos;
siglato in basso a sinistra V. C.
Battezzato da Ugo Matini "il simpatico pittore delle grazie muliebri", Vittorio Corcos conferisce a quest'opera la suggestione di una silouhette ammorbidita dalle vibrazioni luminose che filtrano attraverso la soglia di casa diffondendo in tutta la veduta una sospensione, che è di per sé espressione di uno stato d'animo. Già anni prima, con Fiori di siepe (1891), egli aveva sondato l'effetto luminoso del controluce sulla soglia, mettendo in risalto l'intento ritrattistico; intento qui mitigato dallo squarcio della marina, per cui più che a un ritratto, si pensa, ad una "finestra aperta" (Tarchiani, p. 261). Nell'ambito di un calibratissimo avvicendarsi di controluce sull'avanti della composizione, l'unica nota cromatica di inalterabile compattezza risulta infatti lo smalto luminoso delineante in lontananza la distesa del mare, estremo gradiente prospettico della veduta.
42.Vittorio Corcos
Castiglioncello 1910
olio su tela, cm 72x133
Siglato e datato in basso a destra:V. C. Castiglioncello 1910
Già dal 1890 Corcos si era imposto all'attenzione della critica in qualità di pittore di marine, quando Fonseca parla di lui nei termini di "delicatissimo artista ch'ebbe fin dai suoi primi lavori una predilezione per il mare, ma sempre per un mare calmo al pari della pittura sua". In particolare l'accenno di Fonseca ad una marina ligure, Sulla spiaggia, denota la presenza anche in Corcos, alla stessa stregua che nei Gioli e nei Tommasi, di quella volontà di aggiornamento tecnico già a partire dagli anni Novanta attraverso nuovi itinerari costieri, dove rinvenire sempre più pittoreschi scenari per i propri motivi. Del resto l'ambientazione della figura femminile al cospetto della marina diventa per Corcos, così come per altri artisti toscani dediti allo studio dell'eleganza femminile, quali Arturo Faldi e Italo Nunes-Vais, una possibilità di animare la condotta essenzialmente disegnativa con una rinnovata sensibilità atmosferica. L'identità di ispirazione di quest'opera con una marina di Faldi, esposta alla Promotrice fiorentina del 1907-
Vittorio Corcos
olio su tela, cm 120x125
Firmato e annotato in basso a sinistra:V. Corcos
La propensione monumentale dell'artista, tante volte manifestata in ambito ritrattistico, emerge anche al cospetto del mare, come era stato preannunciato da Contessa Frankestein Soderini (1889) e da In lettura sul mare (1910). Ne deriva un'analoga condotta pittorica, improntata al nitore plastico e alla brillantezza dei toni, mentre il contorno disegnativo torna a restituire alla figura umana quell'incisività tipica dei ritratti femminili dell'artista. Più che nelle precedenti marine, l'artista qui si concentra nell'esatta restituzione ottica dei riflessi della distesa marina, che si colora di notazioni luminose, tanto da far presentire l'eco delle ricerche tecniche ormai da tempo sondate dai colleghi toscani.
Alfredo Muller
I Bagni Pancaldi a Livorno 1890
olio su tela, cm 73x53,5
Firmato e datato in basso a destra:Alfredo Muller. Livorno/2 Aprile 1890
L'aggiornamento tecnico di Muller in merito al "nuovo verbo dell'impressionismo luminista monettiano" (Tinti 1921, pp. 156-157) risulta compiuto, stando alla testimonianza di Mario Tinti, alla data del 1890, proprio con questa marina livornese, divenuta immediatamente "un libro di testo" per molti pittori livornesi. A conferma di quali suggestioni visive dovesse offrire il luminoso panorama costiero livornese per l'applicazione della "nuova tecnica a piccole pennellate, corpose, divise e sfarfallanti" l'artista, reduce da Parigi, si presenta alla Promotrice fiorentina del 1890-1891, proprio con una Marina (vibrazioni in bianco, giallo, azzurro).
Giovanni Bartolena
Marina a Castiglioncello (1925-1930)
olio su tavola, cm 26x37,8
Firmato in basso a destra: Giò Bartolena
In occasione della mostra alla Galleria "L'Esame" di Milano del 1926-1927, Renzo Boccardi definisce Bartolena "innamorato della sua città [...], pago del suo mare e del suo cielo", distinguendo tra "disegno solido e masse piene, l'uno e le altre fatte di colore" delle nature morte e l'affiorare del macchiaiolismo nell'"egloga frizzante" dei paesaggi. Degli undici dipinti esposti, ben cinque erano marine, ambientate tra Chioma e Quercianella, a conferma dell'ispirazione costiera della sua pittura. Definito da Somarè "pittore per diritto di natura" (Somarè 1927) e ricondotto da Giolli "in quell'irrigidirsi e semplificarsi di spirito che già conosciamo da Fattori a Mario Puccini" (Giolli 1927), Bartolena dimostra, soprattutto nelle marine, di collocarsi insieme a Lloyd, Ghiglia e Puccini in quel filone di ritorno alla tradizione, nell'ambito di un recupero della maniera fattoriana filtrata attraverso la meditazione sui primitivi.
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